Buongiorno a tutti,
come già vi avevo anticipato rieccomi qui per parlarvi di un libro da poco scoperto, Il denaro in testa dello psichiatra Vittorino Andreoli. Trovo la lettura alquanto avvincente perché indaga i rapporti tra denaro e malattia, mettendo nero su bianco ciò che nella società chi gestisce il potere non è in grado di ammettere. La società del denaro non coglie la bellezza del mondo e neanche il suo affanno, riduce l’uomo a un salvadanaio che si può rompere troppo facilmente, lasciando solo dei cocci. L’uomo non merita di diventare un contenitore di monete, questa è la follia, oggi talmente diffusa da sembrare normale. Ma non lo è. Ecco in sostanza come si presenta il libro che altro non è che lo studio della follia di una società basata sul denaro dal punto di vista di chi meglio conosce le patologie della mente: uno psichiatra.
Ciò che mi ha spinto a scegliere questa lettura è stata una ricerca sul sito della biblioteca, fatta con le vere parole chiave dei miei impulsi del momento, ovvero una ricerca che ha come oggetto il motivo per cui la gente si ammala di denaro; proprio così, il denaro causa malattie mentali. E così tra vari titoli mi appare lui, Il denaro in testa con la foto dell’autore in copertina che mi fa riaffiorare qualche reminiscenza. Ma certo, è lui, il famoso psichiatra che talvolta ho visto in televisione! Ed ecco che si fanno strada alcuni dubbi: chissà che libro avrà scritto, chissà come scrive, chissà se sarà l’ennesima marchettata, chissà se ci si può fidare… Beh, dicono che per conoscere una persona la devi frequentare, e quindi non posso dare giudizi a sproposito su di lui basandomi semplicemente su una mia impressione. Ma valutare quello che ha fatto, si! Ed il libro mi è piaciuto, non solo per come è scritto (chiaro e semplice anche nella sua tecnicità in alcune parti), bensì per le idee di cui ci fa partecipi. A questo punto però mi fermo perché in merito a queste idee avrei davvero piacere sperimentare come l’autore le incarna e quindi resto un attimo in sospeso. Quello di cui invece mi voglio occupare è il motivo per cui credo che molti lo dovrebbero leggere, ovvero per mettere in discussione il mondo in cui viviamo fatto di banconote e del metallo leggero delle monete. Ho apprezzato molto il tentativo dell’autore di indagare l’aspetto psicologico dei problemi che le persone manifestano nei confronti del denaro. Ed è di questo che oggi vi parlerò!
All’interno del volume si parte con una riflessione sul fatto che oggi ormai il denaro è penetrato nell’inconscio. Già perché in una società basata sul denaro l’identità di una persona giunge, nei casi estremi e molto più frequenti di quello che si immagina, ad equivalere al denaro che si possiede. Il punto di partenza resta comunque l’educazione: nodo fondamentale che ci permette di capire un po’ meglio l’ingresso del denaro nella testa delle persone. O forse no… Già perché secondo Andreoli il denaro può distruggere qualsiasi sistema educativo: ed io aggiungo che non solo è possibile, ma che è già in atto. Perché chi può permettersi di comprare tutto, non può misurare le proprie forze e le proprie capacità. Ecco il significato di guadagnare… Sapete, ho sempre creduto che faticare per guadagnare fosse il perno della vita, insomma una delle poche certezze: il sacrificio e l’impegno che portano al risultato meritato come causa e naturale conseguenza la quale riflette una logica semplice ma essenziale. E questo fino al termine dell’università. Poi, conoscendo il mondo del lavoro, tutto si è ribaltato: perché il mondo del lavoro è altamente diseducativo! Nel mondo del lavoro non c’è morale, se non quella del denaro, la quale a dirla tutta non è morale, ma merce. Nel mondo del lavoro vendi e ti vendi, e ha successo chi sa e si sa vendere meglio, a qualunque costo. E così l’uomo e la sua opera anziché acquisire valore vengono trattati come una merce che ha più valore (perché viene apprezzata) quanto più è sottopagata. Purtroppo ho avuto a che fare con persone, da privati ad imprenditori (perché non c’entra il posto che occupi in società, ma chi sei tu nel profondo), per i quali non sei nessuno se non lavori quasi gratis per loro. Già perché lavorare gratis è da infami, secondo la loro logica, ma lavorare QUASI gratis è apprezzato, valorizzato e incentivato! Capite la logica del denaro? E’ basata sull’interesse e sul profitto di alcuni a discapito di altri. La logica del denaro ci parla di avidità e di disprezzo per l’essere umano perché il denaro è antiumano! E in tutto questo vendere e vendersi, cosa c’è di educativo? Infinocchiare gli altri è educativo? No di certo, ma di sicuro è una delle condizioni per sopravvivere a questo mondo. E magari anche per avere successo.
Il secondo punto che si collega a questa prima riflessione e che trovate nel libro è che la differente posizione economica di una persona è causa di disparità sociale: così il ricco si sente superiore in ragione delle proprie finanze e il povero si sente inferiore (perché incapace di fare soldi). Questa presunzione però altera la personalità creando le pretese assurde del “lei non sa chi sono io!”, come se la ricchezza coprisse tutto, dall’ignoranza alla bruttezza. Eppure, come vi dissi nel post precedente la ricchezza non copre, bensì è il risultato della tua incapacità: usi un mezzo che hai a disposizione in maniera spropositata e per i fini che più ti aggradano senza discernimento e soprattutto in base a bisogni indotti. Ecco dove porta il denaro: all’ignoranza. Ignoranza delle proprie intime necessità, ignoranza di chi si è veramente, del proprio valore e del valore delle cose. Già perché delegando tutto ai soldi ignori di avere delle capacità e quindi non le cerchi nemmeno più, tanto fa tutto il denaro in tua vece! E così le persone giungono a dare potere al denaro erigendolo a riferimento della loro intera esistenza. Interessante quanto dice in merito Andreoli, e cioè che si giunge alle MONOMANIE quando il pensiero è legato esclusivamente al denaro e condiziona il procedere della mente e degli affetti. Non ho mai riscontrato niente di più vero! Si, in effetti devo ammettere che il denaro è diventato a tutti gli effetti uno strumento di potere e di ricatto morale, non solo per il controllo psicologico, ma soprattutto in ragione del controllo emozionale sulle masse. E si sa che la paura fa novanta! Il denaro allora assume i connotati di ricchezza e di mancanza, e ci fa entrare nel regno dell’avere contrapposto all’essere. Non importa chi sei perché col denaro puoi diventare tutto: da brutto a bello, da stupido ad intelligente… Insomma, il denaro fa miracoli! E se Andreoli assegna al denaro la figura di Giuda e del demonio, io azzarderei quasi ad affiancare la figura di dio (non Dio però, non sono blasfema fino a questo punto!). Il denaro occulta la verità dell’essere e questo non possiamo che constatarlo. Interessante anche quando Andreoli afferma che il denaro spesso costituisce un limite alle relazioni: se nel rapporto padre-figlio il denaro rappresenta una sorta di gioco di potere (se mi obbedisci ti do la paghetta/ti compro l’IPhone), nei rapporti sociali giunge anche a distruggere delle relazioni o a disgregare delle coppie (ad esempio se uno è abituato alla bella vita e l’altro no, che si tratti di amici o partner lo status sociale si porrà inevitabilmente in maniera prepotente in mezzo alla relazione, minandola, perché si vivono valori diversi). Questi sono solo pochi esempi che però ci portano ad una conclusione essenziale: la nostra società è malata di denaro. Siamo portati a pensare a tutte le possibilità offerte dal denaro, dimenticandoci invece di tutte le opportunità che la sua mancanza elargisce! Diamo talmente per scontata la necessità del denaro che non riusciamo a pensare ad una vita senza di esso. Eppure, che cosa sarebbe se il denaro sparisse e non venisse sostituito con altro? Impossibile dite? O reso impossibile?
Nella seconda parte del volume si entra nel vivo della “trama”: così l’autore passa in rassegna le funzioni che ha assunto il denaro (strumento della vita, antidoto alla paura, decorazione, funzione filantropica) sulle quali non mi soffermo perché credo siano abbastanza scontate. Preferisco approfondire ciò che viene dopo la descrizione di queste funzioni e cioè le patologie vere e proprie legate al denaro, il quale ha soprattutto una valenza psicologica oltre che puramente economica. Ed è qui che se ne vedono scritte delle belle… Innanzitutto la prima patologia che Andreoli inserisce è la DIPENDENZA, ovvero quando il denaro diventa un’idea ossessiva che egli paragona a certi legami asfissianti perché doverosi ed inscindibili. Una persona nella dipendenza non riesce a fare a meno di una cosa/persona e pertanto instaura il doppio legame, ovvero un’unione rinforzata che non può più sciogliersi e nemmeno allentarsi. Il rapporto con la cosa/persona non è più gratificante bensì pieno di spettri e genera paura. Eppure nella dipendenza questa paura e questo disagio percepiti fanno sentire vivi, fanno sentire uniti a qualcosa che, benché distruttivo per se stessi, non fa percepire la solitudine di una vita senza quella stessa cosa o persona! Questo legame, il doppio legame, è di natura nevrotica in quanto non concepisce la possibilità di rottura con l’altro, ma ammette l’aggressività verso la relazione. Insomma, un altro modo per asserire che la dipendenza è malattia. La persona dipendente da denaro viene assimilata inoltre al drogato che “ne vuole sempre di più”, oppure al giocatore d’azzardo che manifesta un tipo di “amore/odio” verso il gioco nei confronti del quale prova eccitazione per il rischio a costo di perdere tutto. Irrazionalità, incoscienza e un estremo bisogno di certezza: ecco ciò che contraddistingue la dipendenza. Già perché la droga o il gioco pur essendo i tuoi aguzzini sono sempre lì ad aspettarti, nella certezza della tua distruzione! E così si ha la compulsione: il denaro diventa un pensiero fisso, un’ossessione, una questione di vita o di morte.
Oltre alla dipendenza viene citata anche la DEPRESSIONE. Per questa patologia Andreoli chiama in causa anche la biologia del soggetto che la esperisce, in quanto molto dipende dalla sua attitudine ad affrontare la vita. E nel caso delle depressioni si ha a che fare con un vissuto di incapacità, un senso di svalutazione totale e senso di colpa, i quali assommati all’inclinazione dell’individuo consentono a pensieri di morte di avere la meglio sulla sua vitalità. Perché sentendosi incapace quest’ultimo non trova un ruolo per cui sentirsi utile e desidera solo sparire (a differenza di altre personalità che, magari all’opposto, rompono le palle al prossimo!). Il depresso si fa da parte e si autoesclude dal gioco della vita, perché non ne ha compreso le regole o non le sa accettare. La perdita che egli conosce è assimilata, nel sentire profondo, ad un lutto e pertanto è accompagnata da un dolore esistenziale. Questo possiamo capirlo in quanto oggi il denaro è la misura dell’uomo; la personificazione del denaro fa si che chi ne ha poco o il minimo indispensabile si senta una nullità, un fallito, un incapace che per questa sua incapacità vuole sparire dal mondo. Capite dove si è spostato il paradigma? Dall’essere capace di fare le cose, all’essere capace di fare i soldi, i quali a loro volta fanno le cose per te, all’identificarsi totalmente col denaro che si possiede! Il senso che ha assunto l’uomo è in relazione al denaro, quindi più questo viene perso, più perde senso anche l’uomo. E questo si chiama ABOMINIO, perché perdere i soldi nella biologia dell’esistenza non equivale a perdere la vita!
Anche l’ANSIA viene annoverata tra le patologie legate al denaro: nello specifico questa malattia è legata all’attesa che nel momento in cui si dispiega non si comprende e non si riesce a vivere e la quale, di conseguenza, si trasforma in angoscia e panico. Si tratta di un’altra difficoltà a vivere quella che ci racconta l’ansia, spesso legata alla paura e all’immaginazione. Perché quando si pensa che forse un giorno si potrà perdere tutto senza vivere il presente, oppure ci si proietta nello stato mentale di preoccupazione per qualcosa che non è reale in quanto non ancora avvenuto ma solo immaginato, beh quello è il campo dell’ansia. Se temo che i miei soldi non mi verranno restituiti, se temo di non ricevere il compenso pattuito per la mia prestazione e nell’attesa di ricevere quanto mi spetta alimento questa paura, essa diventa ansia che molto spesso concretizza il risultato che proprio temevo. L’ansia crea dei mostri: infatti i mostri fanno parte della fantasia e non della realtà, per quanto di una brutta fantasia si tratti! Del resto a chi non è mai capitato di venire sottopagati o non pagati affatto per una prestazione o un lavoro pur avendo comunicato sin dall’inizio il valore dello stesso? Lamento e senso di ingiustizia, oltre che indignazione, si susseguono al fattaccio, ma prima vi è l’ansia a partorirli. L’ansia è una forma di paura e tutti figli da essa generati hanno questo stesso sostrato che rende l’aria della vita irrespirabile…
Giungiamo poi alla PARAFRENIA MONETARIA ovvero al delirio mentale del bugiardo esaltato che racconta frottole sulle proprie ricchezze: nel suo delirio tuto il mondo è ridotto ad un’idea, se non altro la sua idea di ricchezza. Se l’ansia e la depressione pertengono al campo della sfera affettiva, la parafrenia governa il mondo del pensiero razionale. Colui che ne soffre manifesta una coerenza fantastica legata all’eccesso. In poche parole egli crede veramente alle fantasie (e che fantasie!) abilmente orchestrate che racconta. Insomma come se un barbone della stazione centrale di Milano si mettesse a dire di essere più ricco di Bill Gates; cioè parliamone… Eppure di fronte all’evidenza dei fatti il parafrenico nega perché l’unica realtà alla quale crede è quella del suo pensiero. Avete presente quelli un po’ troppo convinti? Ecco, quelli che ne raccontano delle grosse, ma grosse boiate, e vi credono disposti a mettere mani e piedi sul fuoco sono i parafrenici. Piacere di aver fatto anche la vostra conoscenza!
Con mia somma sorpresa Andreoli include anche la STUPIDITA’ all’interno delle patologie della mente. Sinceramente mai avrei pensato che potesse assumere i connotati della malattia e per questo motivo mi ha aperto un mondo! Lo psichiatra spiega che la stupidità acquisisce i connotati della patologia in presenza di capacità mentali ridotte che si manifestano nel parlare di soldi, del come investirli, come usarli, consumarli, etc. Il discorso prende sempre quella piega. Ad esempio anche quando fino ad un momento prima il tuo partner ti parla di vacanze, il discorso va poi a parare sui soldi. Oppure quando stai parlando del comportamento incomprensibile di un collega e dal nulla si ritorna all’argomento del denaro. Insomma la stupidità è più che un chiodo fisso, è un chiodo impiantato e sigillato nella mente col silicone della stupidità. Interessante poi il fatto che Andreoli approfondisce il discorso affermando che la stupidità è comunque facilitata dalla cultura dominante che influenza le persone spingendole ad attribuire un valore in denaro a tutti gli altri simili e a parti del loro corpo. Lo psichiatra infine attribuisce la presenza di stupidità in misura maggiore nelle donne (dato sul quale sinceramente resto un po’ perplessa), in quanto vi è una maggiore tendenza a manifestare un rapporto di esclusività per un solo oggetto. Sinceramente non so perché lo psichiatra faccia questo appunto, ma lo vedo un po’ forzato (forse perché sono una donna e mi sento chiamata in causa?) e credo che sinceramente avrebbe potuto evitarlo.
Veniamo poi IMMORALITA’ la quale ha a che fare con lo scopo per il quale si agisce in ragione del denaro: si può agire per denaro oppure senza denaro. La morale regola i comportamenti e ne definisce l’accettabilità per cui chi agisce con moralità lo fa in ragione di valori e credenze. Da chi invece non ha moralità nell’agire con il denaro ci si può aspettare di tutto perché non ha morale, non ha regole esplicite o implicite e quindi il suo comportamento è fuori norma. Ma una riflessione degna di tutto il rispetto di questo mondo è riassunta in questa frase: il denaro altera la morale. Perché la morale riguarda la forma e non la sostanza, il come si compie una cosa e non il fatto che la si compia o meno. E il denaro cambia il modo di fare le cose! Eccome se le cambia!
Dulcis in fundo Andreoli colloca la DISTRUTTIVITA’ come patologia che spesso accompagna al denaro. In questo sentimento domina la disperazione, la percezione che tutto non funziona, che ogni cosa ha perso senso e che si è trasformata in male. Allora si distrugge tutto. L’imperativo al quale essa conduce è cancellare, togliere il senso di qualcosa, fare piazza pulita. Ti toglierò fino all’ultimo quattrino, dice la donna che ha appena ottenuto il divorzio dal marito; perché togliendogli fino all’ultimo quattrino spera nella sua illusione di cancellarlo dalla propria vita e di cancellarne il senso dalla propria esistenza. Ancora una volta ciò accade perché il denaro è diventato il metro di paragone dell’uomo. Ma non è forse tempo di fermarsi di fronte ad una banconota e pensare, prima di commettere tutte le sciocchezze sopra elencate (le malattie) e fare, oltre che farsi, del male?! Guardiamo che relitti popolano oggi la nostra società dilaniata da violenza, invidia, superbia e prevaricazione. Se la meritocrazia non trova posto è proprio grazie al dio soldo che tutto (o quasi) può corrompere, non da ultimo un animo o un’anima non troppo ambiziosa ma un po’ troppo adattiva alla società odierna. E nella frenesia dell’acquisto raramente ci si ferma ad osservare una banconota, a metterne in discussione il valore, a capirne la provenienza, e ad indagarne cosa vi sta dietro. Perché? Perché l’abitudine e la fretta hanno preso il sopravvento. E non intendo dire che occorre osservare la banconota mentre si fa la spesa, bensì riflettere sul senso di ciò che si sta facendo con quella banconota e sul valore che ha assunto per se stessi… Eppure anche questo non si vede più, perché il denaro è riuscito a coprire tutto… Forse…
Io credo che invece dovremmo investire più tempo ad essere critici verso ciò che ci viene messo sotto il naso o sussurrato alle orecchie. Ed in sostanza questo libro è un degno contributo del messaggio che porto avanti anche io da anni e pertanto, pur trovando alcuni punti non del tutto convincenti per quello che è la mia linea di pensiero, in linea generale lo ritengo degno di una attenta ed approfondita lettura.
A presto!