Tag

, , , , , ,

Ben ritrovati!

Come seguito del libro firmato dalla stessa autrice, è uscito un nuovo titolo che racconta altre avventure del gatto protagonista. Stavolta con un taglio leggermente poliziesco che ci terrà sospesi alle sue pagine fino alla fine. Di differenze con il precedente in realtà non ce ne sono molte; direi che segue generalmente la stessa linea e modalità narrativa, eppure stavolta l’autrice ci dà in pasto un mistero da risolvere, o sarebbe più corretto dire svelare.

Innanzitutto partiamo dal titolo originale, ancora una volta stravolto in italiano per ovvi motivi. In inglese A Cat Called Alfie (un gatto di nome Alfie) ci rimanda proprio a quell’Alfie, quello stesso gatto superstar del quale avevamo avuto il piacere di fare la conoscenza. Un po’ come per suggerirci che ora che è ritornato se ne vedranno di nuovo delle belle… Suona così il titolo in lingua originale, cosa che è impossibile mantenere nella lingua italiana in quanto da noi questo romanzo ha un pubblico meno vasto di lettori ad esso affezionati. In effetti, se nella terra natale (Gran Bretagna) Alfie è diventato un mito, o meglio un caso letterario, non possiamo dire la stessa cosa dell’Italia. Pertanto ci si è limitati, come del resto nella simile scelta del titolo precedente, a descrivere in pochissime parole la missione che stavolta Alfie ha per le mani (o per le zampe!): insegnare ad essere felici!

Di fatto stavolta le disavventure che ci si parano innanzi vedono Alfie protagonista in veste di gatto-detective. Lui deve scoprire. Scoprire cosa succede nelle sue famiglie, cosa le scompiglia e mina la loro felicità. Ed entrare in azione per cambiare le cose, per portare loro la felicità che meritano! I temi che emergono in questo titolo sono la CURIOSITA’ (molto strano per un gatto, eh?!), LA VOGLIA DI CAMBIARE LE COSE, L’AMORE NON CORRISPOSTO, LA SOFFERENZA, IL DUBBIO, LA VOGLIA DI CONDIVISIONE, IL RISPETTO PER CHI VUOLE VEDERE RISPETTATI I PROPRI SPAZI ma soprattutto IL FATTO STESSO DI NON SAPERE e dover restare in questa ignoranza. Ne “Il gatto che insegnava ad essere felici” Alfie inizia la storia consapevole del gatto che è diventato dopo aver vissuto le proprie disavventure con rischio e coraggio. Alfie è un mito, un gatto avventuriero. Riconoscendosi in questi panni inizia ad assumere un atteggiamento più che mai curioso, direi da detective. Da quando si intrufola all’interno di una scuola primaria per cercare di carpire i problemi che affliggono il suo amico bambino Aleksy, a quando si apposta per capire chi siano i nuovi vicini e perché abbiano comportamenti stranamente insoliti e misteriosi, non da ultimo il fatto di aver traslocato a notte fonda. Alfie conserva sempre quella voglia di cambiare le cose e di mettere in atto tutte le misure necessarie perché ciò accada! E così mentre piano piano il suo progetto di salvataggio dei suoi padroni prende forma e si realizza, Alfie diventa sempre più un personaggio/eroe e sempre meno un gatto. Forse è in questo che il romanzo pecca un po’, e nel quale l’autrice ha azzardato troppo? Ad ogni modo l’effetto sul lettore è garantito! Si resta incollati alle pagine con il desiderio di continuare a vedere in che modo il gatto troverà le soluzioni ai problemi degli esseri umani, che Alfie si assume su di sé. Anche perché in questo libro il colpo di scena arriva al momento giusto, ovvero quando meno ce lo si aspetta, e con un tema piuttosto non indifferente: l’amore. Ebbene si, Alfie si innamora. E a sua volta è amato. Peccato che inizialmente non avvenga per e dalla stessa gatta…

Ed è così che viene introdotto il tema dell’amore non corrisposto, delle pene d’amore e del rifiuto che non daranno tregua ad Alfie, se non per cause di forza maggiore! La nuova famiglia che ha traslocato ad Edgar Road, infatti, si isola, è misteriosa, non risponde alle richieste degli altri vicini, non socializza e per questo risulta sospettosa… Alfie allora adotta tutti atteggiamenti da stalker: dagli appostamenti, alle visite che fa di nascosto ai nuovi vicini intrufolandosi nella loro casa, ai pedinamenti dei membri della famiglia e anche della gatta che ne è parte, a quando spia attraverso il buco della staccionata o quando si nasconde nei cespugli vicini all’uscio della loro casa per origliare meglio. Immancabilmente viene scoperto o si fa scoprire: il suo intento è quello di venire a capo della situazione che affligge quella famiglia e che la stupenda gatta di cui si è innamorato e che fa parte di quella famiglia non è riuscita, sino ad allora, a risolvere. Alfie soffre per amore, ma anche per il problema insoluto che non riesce a scoprire. Ed è a questo punto che emerge, per lui, un insegnamento: imparare ad aspettare. Aspettare fiducioso le risposte. Aspettare il giusto momento perché le cose accadano da sé. Alfie in certi frangenti risulta in effetti troppo precipitoso nell’aiutare e nel vedere i risultati che il suo aiuto produce. Ma non accade sempre che l’effetto sia immediato, come nel caso del salvataggio che il gatto opera in favore di Aleksy con il bullo della scuola. Per l’amore e la nuova famiglia Alfie dovrà aspettare. Ma alla fine tutto viene svelato. E solo allora Alfie capisce che non tutto dipende da lui. Dall’amore, a “certi” problemi degli umani, che solo gli umani possono tentare di risolvere (talvolta, e anzi molto spesso, nemmeno riuscendoci!). Ed è proprio mentre Alfie si lascia andare al tutto per tutto, al rischio, al destino, e all’accettazione di ciò che sarà indipendentemente dal risultato, anzi coprendosi di ridicolo davanti a tutti, che le cose accadono… La stupenda gatta bianca oggetto del suo amore inizia a vederlo con occhi diversi, ad accoglierlo un po’ di più. Ed anche per lei le cose iniziano a cambiare. Che il problema della sua famiglia ora venga risolto o meno non ha più quell’importanza ossessiva primaria ed opprimente: perché ora scopre cosa è la condivisione, la socialità. Parlare dei problemi e mettersi insieme per risolverli è qualcosa che a lei manca e nella quale egli è maestro. Un altro modo per dire che si può sempre imparare dagli altri quando si scende dal piedistallo che ci si è costruiti per tenersi lontano dal mondo nell’illusione di essere i migliori!

In definitiva è un libro che promuovo: godibilissimo e scorrevole, lo trovo molto divertente e spassoso. In certi tratti la fantasia galoppa forse un po’ troppo, ma del resto cosa sarebbe la vita senza di essa?! Secondo me insegna anche al lettore ad indagare certi aspetti della nostra esistenza che spesso si hanno sotto gli occhi ma che non vengono approfonditi. Certo magari di per sé sfiora i confini del romanzo rosa, in quanto il lieto fine la fa da padrone anche stavolta, ma oltre a quello c’è ben altro. Ed è soprattutto per tutto questo altro merita di essere letto.

Alla prossima!