E’ da qualche giorno che mi alzo la mattina con questa domanda…
qualche giorno fa, in un momento che io amo definire “colpo di fulmine”, (o “colpo di testa”?!), ovvero un momento magico in cui è come se si accendesse una lampadina, si viene colpiti da un pensiero talmente chiaro e inequivocabile che non si può ignorare! Ebbene, in uno di questi momenti mi è apparsa la domanda: PERCHE’ NOI, ESSERI UMANI, SIAMO STATI CONCEPITI DI MODO DA FARCI DELLE DOMANDE? PERCHE’ CI CHIEDIAMO COME FUNZIONANO LE COSE? PERCHE’ CI CHIEDIAMO IL PERCHE‘ DELLE COSE E DEL MONDO?
La domanda poi, ha persistito nella mia mente ancora svariati giorni, fino ad ora, poiché chiede di essere approfondita, sviscerata, trattata e soprattutto ascoltata! Dare una risposta a questo interrogativo non è l’obiettivo col quale vi scrivo. Non esiste una risposta universalmente valida per l’uomo. Non esistono risposte certe a questo interrogativo… Vi ha deluso una tale risposta? Spero proprio di no…. Talvolta il fatto che non vi possano essere delle risposte è già una gran risposta di per sé che ci può fornire molte idee e far lavorare correttamente la nostra mente. In che senso correttamente? Nel senso che interrogativi di questo tipo suscitano nell’essere un moto; le domande esistenziali mettono in moto qualcosa al nostro interno, che prende la forma di agitazione, inquietudine, malessere o irrequietezza. Tutte queste forme di moto interiore si amplificano poi, di modo che il soggetto dentro al quel si manifestano, non riesce più a contenerle e deve per forza ESPRIMERLE! In che modo può esprimere questo suo sentire? A mio avviso, attraverso ciò che fa, ciò che ricerca in base alle domande che si è posto e che lo mettono in moto anche a livello fisico. Esempi? Beh, possiamo citare la banale partecipazione ad una conferenza il cui titolo ci risuona in maniera particolare: per partecipare a quell’incontro dovrò prepararmi, uscire di casa, recarmi presso il luogo dell’incontro, attivare la mia volontà ed attenzione per rendermi partecipe durante la conferenza, etc etc…
E potremmo fare una marea di altri esempi simili. Se ci chiediamo il perché delle cose, il perché facciamo determinate cose e non altre, allora potrebbero emergere risposte interessanti per noi. N.B: anche l’assenza di risposte, a parer mio, è interessante giacché di per sé è una risposta, a tutti gli effetti! Ad esempio, perché oggi ho deciso di iniziare la mia giornata scrivendo questo post e non facendo altro? Cosa mi ha spinto a farlo? Beh io la mia risposta me la sono data e so perché lo sto facendo… chiedetevi anche voi ad ogni momento: perché vi trovate in un luogo anziché in un altro? Perché in un determinato momento provate gioia o tristezza? Attenzione: è una specie di “gioco”, quello di chiedersi il perché delle cose, in cui vige un divieto. Infatti è vietato dare la colpa agli altri o chiamare in causa altre persone addossando a queste la responsabilità di ciò che stiamo facendo. Ad esempio, faccio un regalo al mio fidanzato per renderlo felice…NO. Faccio un regalo al mio fidanzato perché attraverso questo mio gesto possa sentire la mia presenza, la mia vicinanza, il fatto che io tenga a lui, etc. Va già meglio, ma non è ancora il modo corretto di procedere, perché si è ancora centrati sull’altro. Riproviamo: faccio un regalo al mio fidanzato perché oltre a rappresentare un gesto che esprime per me l’amore per lui, mi fa stare bene perché mi permette di esprimere qualcosa di ciò che provo per lui! Ecco qui il punto! Quando ci si chiede il perché delle cose non dobbiamo dimenticarci di noi stessi, ovvero del punto di partenza dal quale provengono i gesti che facciamo! In seguito è bene ricordarci del mondo, perché anch’esso fa parte della nostra vita! Io, gli altri, il mondo: io e le mie relazioni. Sono due facce della stessa medaglia, imprescindibili, fondamentali, indispensabili.
Questo discorso vale sia in positivo e a maggior ragione quando vengono a trovarci dei pensieri negativi o quando proviamo degli stati d’animo che ci piegano, ci costernano e ci fanno ripiegare su noi stessi (i cosiddetti stati d’animo negativi, dato che si ripercuotono negativamente sull’energia e sullo stato d’essere del soggetto che le prova). Esempio: una persona con cui lavoro e che quindi sono costretto a vedere e con cui devo per forza interagire, mi fa uno sgarbo, mi tratta male, mi vessa, ha dei comportamenti che mi fanno stare male o che comunque producono in me delle emozioni negative e in sostanza mi disturbano. Ebbene, che domande potrò pormi in questa situazione? Personalmente (ma ognuno è tenuto a chiedersi personalmente cosa si chiederebbe) mi fa fare questo giro di domande/risposte:
«Perché sto tanto male per questa persona?»- Beh, forse perché questa persona per me rappresenta una possibilità nel mondo del lavoro.
«Ma allora cosa in effetti rappresenta questa persona per me?» – Beh umanamente nulla, perché di fatto non avrei scelto liberamente di relazionarmi con lui/lei, però mi tocca entrarvi in relazione, e a livello lavorativo resta importante per il mio futuro in quel posto di lavoro e quindi occorre che mantenga dei rapporti civili con lui/lei.
«Che soluzione è possibile trovare, allora, per fare stare bene entrambi e lavorare in un ambiente sereno?» – Forse si dovrebbe trovare la giusta distanza, di modo da non permettere all’altro di trattarci male, e a noi stessi di farci rispettare come desideriamo e meritiamo.
«Già ma quale è la giusta distanza?» – forse la giusta distanza è quella che permette a me di esprimere me stesso senza ledere l’altro, e all’altro di fare lo stesso permettendomi di svolgere le mansioni per cui sono pagato, in serenità.
«Ok, però si sa, le cose non dipendono solamente da me, ma anche dalla persona con cui lavoro, come posso farglielo capire?».
E qui mi fermo. Ecco il punto! Quando le cose non dipendono solo da me, ma anche da altri, o credo che dipendano anche da altri, quale sarebbe la soluzione migliore da fare? E’ giusto sottostare al compromesso di venire vessati solo per mantenere un posto di lavoro perché si è subordinati a superiori che non valgono una cicca, umanamente parlando? Ritorniamo alla fonte: tu cosa puoi fare per te stesso? Oh, tantissime cose! Ad esempio, chiarite le tue priorità (tu vuoi essere rispettato), potresti parlare chiaramente con il soggetto in questi termini e fargli capire che è nell’interesse di entrambi creare un ambiente sereno al lavoro. Oppure nel caso in cui questa prima modalità non funzioni, potresti anche fare ricorso ai tuoi diritti di essere umano: le vessazioni sono oggetto di denuncia, e la legge ci può tutelare. Ci sono altre opzioni intermedie, ma se tutte queste non dovessero dare i risultati sperati allo scopo di tutelare noi stessi, allora si deve porre fine a questo gioco di potere malsano: ci si licenzia! E’ una scelta drastica, ma non è possibile rinunciare al proprio rispetto per un lavoro! Poi ovviamente, anche le scelte drastiche vanno ponderate molto bene, e vanno viste soprattutto le ripercussioni che possono avere su di noi e su chi ci sta a fianco, però va anche riconosciuto che non si può essere schiavi degli altri. Chi abbiamo a fianco e ci vuole bene, ci potrà dire questo, ce lo potrà far capire, ma di certo non starà zitto a vedere gli altri che ci scarnificano con i loro atteggiamenti violenti nei nostri confronti.
E forse, proprio a questo punto un’altra domanda da farsi è: ma in che società viviamo, se ancora oggi esistono questi gretti e meschini giochi di potere da parte di vampiri che si divertono a far stare male gli altri (questo è proprio l’obiettivo dei vampiri energetici, ne parlo in un post specifico), per un tornaconto personale?! Perché in certi ambienti vige ancora un certo tipo di clima? Cosa ci sta dietro? Ma soprattutto, PERCHE’ TUTTO QUESTO?
E la risposta è già dentro di noi… siamo pronti a riconoscerla? Siamo pronti a sapere davvero qual è? Siamo pronti a fare scelte tanto drastiche, quanto rispettose della nostra persona? La scelta è sempre una questione personale…
Buona giornata a tutti!