Tag
apparenza, bisogno, bisogno di esistere, condizionamento, dipendenza, dispersione, iperattività, massa, mentalità del padrone, mondo virtuale vs mondo reale, potere, social network, tiepidezza di emozioni
Buongiorno a tutti,
come non negare l’onnipresente imponenza dei social network (ovvero reti virtuali di persone) ed il reale ruolo di preponderanza che essi hanno assunto nel corso degli anni nella vita degli esseri umani? Sono addirittura divenuti portatori di un mondo, il mondo virtuale, che in certuni casi combacia proprio con quello reale: anzi oserei dire che il mondo virtuale è diventato per certi versi a pieno titolo il mondo reale in cui trovarsi, scambiare chiacchiere e commenti, ma soprattutto fare business lucrando su relazioni ed emozioni. Pregio o difetto? Di certo ciò ha portato nel tempo al costituirsi di una vera e propria generazione nata e cresciuta con la presenza di questi strumenti, la quale li considera normali strumenti di sopravvivenza e relazione. Generazione che proprio per questo rappresenta una gallina dalle uova d’oro per i moderni capitalisti. In poche parole la generazione dei social, stando alla mia ipotesi, risulta un po’ la numerosa schiera di schiavi (e pertanto incarna la manodopera: i lavoratori sottopagati dei capitalisti) con la quale il capitalista fa il proprio profitto.
A tal proposito chiedo a tutti voi che leggete: come definireste uno schiavo dei nostri tempi, che sono tempi moderni e digitalizzati? Che idea vi siete fatti di lui? Riuscite a distinguerne uno non appena mettete il naso fuori di casa? E se sì, da cosa lo riconoscete? A me sono giunti alla mente parecchi pensieri e soprattutto parole-chiave come ‘dispersione’, ‘apparenza’, ‘dipendenza’, ‘bisogno’, ‘massa’, ‘condizionamento’ e ‘potere’ che sono peraltro i capisaldi del discorso che oggi ho il piacere di fare in merito ai nuovi schiavi di oggi. Perché (come già dissi nel post SCHIAVITU’: vecchia e nuova), le epoche cambiano, ma le catene restano!
Ebbene andiamo per ordine: nel titolo ho scritto generazione social, e già da questo potrete un po’ intuire dove voglio andare a parare col mio articolo. Il mondo digitale che oggi si impone ai nostri occhi con una forza e un peso sconsiderati e imbarazzanti la fa da padrone, tanto da essersi ormai sostituito al mondo reale. Non so voi, ma per me osservare coppie e compagnie di amici in ristoranti nei quali ognuno, per conto proprio o in compagnia, è talmente immerso nel mondo digitale del proprio smartphone da ignorare chi fisicamente gli si trova accanto è diventato all’ordine del giorno. Dispersione: ecco la prima caratteristica che mi balza all’occhio e che contraddistingue le generazioni social. Se interagite con un quindicenne/ventenne di oggi sappiate che non vi starà ad ascoltare per più di due secondi (che guarda caso coincide con il tempo medio di visualizzazione di un post o di una foto sui social network!). La generazione social è una generazione visiva, dispersiva e per questo spesso scambiata ai tempi della propria infanzia per “iperattiva”. Vi ricordate quando c’è stato il boom della parola per definire i bambini con problemi di attenzione a scuola? Iperattivi era la parola che magicamente dava loro un’identità… A ben vedere però chi li ha resi iperattivi, se non una società che va sempre più veloce perché in linea con i ritmi del profitto? Il profitto è diventato il nuovo potere e pertanto si è arrogato il diritto di dettar legge su cosa è bene e cosa è male, su cosa va promosso e cosa invece bocciato. Il mondo digitale è perfetto per creare i nuovi schiavi, perché anche la schiavitù va di pari passo con le epoche, di modo che, mimetizzandosi al loro interno possa suscitare ancora fascino e affiliare proseliti ed essere quindi sempre di moda! La schiavitù si evolve, altrimenti non vi sarebbe ragione che il mondo vada avanti se tutti fossimo al potere, non trovate? Ed in questo la dispersione gioca un ruolo fondamentale, perché quando dai attenzione a tutto in realtà non sei concentrato su nulla ma sei frammentato; ti dimentichi così cosa è veramente degno di attenzione e non dai più priorità. Da ultimo perdi la capacità stessa di dare priorità alle cose, che è la caratteristica fondamentale di uno schiavo che fa tutto quello che gli viene ordinato di fare in quanto il padrone lo reputa necessario. Insomma uno schiavo non deve pensare, ma agire. E lo deve fare in fretta e soprattutto in funzione degli interessi del padrone. Il punto è che il padrone ai giorni nostri non è facile da identificare perché è più che altro la mentalità del padrone ad esserci stata instillata; in tal senso non puoi osservare dall’esterno il padrone che ti rende schiavo, perché esso è ormai entrato a far parte di te… Ed è un bel casino! Non puoi vederlo, ma talora percepisci che c’è: e questa ignoranza ti fa stare male perché ti spinge verso una ricerca che non può avere esito…
Se avrete letto sino a questo punto con attenzione avrete notato che ho descritto la dinamica del profitto: il padrone/capitalista al potere che detta legge sullo schiavo, al quale è stato dato il compito di eseguire quel compito/ordine senza farsi domande. Ebbene per avere la certezza che egli non si ponga domande è stato introdotto un astuto strumento di controllo in tale direzione: la velocità. Velocità che nell’era digitale si traduce in apparenza; il mondo virtuale infatti è basato sull’apparenza, su ciò che balza agli occhi, su ciò che si vede. Perché se non vieni visto non esisti. Capite?! Visualizzazioni: ecco il monito del capitalista e dello schiavo di oggi. Le visualizzazioni ti fanno andar più veloce, ti portano maggiore profitto con il minimo sforzo e, soprattutto, quasi azzerando il tempo impiegato per lo sforzo di “produrre” quel profitto.
La dipendenza è un’altra caratteristica della generazione dei nuovi schiavi, forse la più sedimentante, tanto da venire tacciata come malattia. Pensate alla ragazzina che non vive al di fuori delle sue “telenovele” via Instagram, che si fa le foto con tutti i filtri possibili per sembrare una principessa, una dea oltre l’umana beltà, quando poi nella realtà è alquanto bruttina e non riesce a racimolare un briciolo di attenzione dal compagno di classe che le piace. Ma questo suo bisogno di sentirsi bella, di piacere agli altri, di essere considerata, di ricevere un like (e quindi un giudizio), la fa sentire viva a tal punto che ella non riesce più a fare a meno di questa sensazione! Ecco la forza del social: la forza dell’illusione delle emozioni. Illusione che ti fa sentire come se fossi viva, quando in realtà sei più schiava che mai, ovvero morta nell’anima. Ed io che sto qui ancora a pensare al brivido che dà l’orrore della realtà e di come (quello si!) faccia sentire vivi per davvero… Insomma vuoi mettere il calore di rabbia che ti sale di fronte ad un insulto reale da una persona che non ti saresti mai aspettato? In breve, la chiamo illusione delle emozioni perché ciò che proviamo dietro uno schermo non può che essere un’emozione tiepida, una sub-emozione, quasi neanche degna di esser chiamata reazione in quanto figlia di condizionamenti e giudizi, nonché mentalità e pensieri altrui! Ciò che è reale è il mondo digitale, con regole e dinamiche che gli son proprie. Tutto il resto… è umano! La dipendenza da questa tiepidezza di emozioni, purché si provi qualcosa, è una faccenda che trovo davvero spregevole: uno strumento in grado di illudere lo schiavo nel profondo, di ingannarlo nelle percezioni e nel sentire. E ciò che è ancor più spregevole è che lo schiavo acconsente a farsi ingannare! Sviluppa allora la dipendenza da chi elargisce quelle emozioni di cui ha un disperato bisogno per sentirsi vivo.
Arriviamo infatti alla quarta parola chiave. La dipendenza è la conseguenza di comportamenti coatti che lo schiavo manifesta nella direzione di soddisfare i propri bisogni. E nell’adolescenza della generazione social i bisogni straripano: bisogno di considerazione, bisogno di indipendenza, bisogno di essere qualcuno, bisogno di distinguersi, bisogno di sentirsi apprezzati, bisogno di sentirsi valorizzati, bisogno di piacere, etc. In una parola, il bisogno principale, che in realtà non riguarda solo l’adolescente (ma che in questa fase viene amplificato) è il bisogno di esistere! Il bisogno di farsi vedere costantemente sui social, di far vedere che “ci sono anche io”, se applicato al singolo diventa deleterio per il suo sviluppo. Perché? Non si tratta forse di un condizionamento? Ricordate i bisogni indotti? Ecco i social sono la nuova televisione, il nuovo mezzo di addormentamento di massa di un mondo che vuole farti credere che se non ti compri uno smartphone non sei nessuno, perché nessuno sa della tua esistenza, in quanto nessuno ti ha mai visto sulla piattaforma di esibizione dei caproni senza testa (in senso metaforico ovviamente). Ecco qui che si fa strada il concetto di massa: perché se un atteggiamento/comportamento per quanto inumano e disumano possa essere, se è adottato dalla massa diventa normale e quindi non è più messo in discussione. Proprio come deve fare il perfetto schiavo: fare come fan tutti, tacere e non azzardarsi a mettere in discussione le cose. Quando si riesce a influenzare (avete presente il nuovo lavoro di oggi, l’influencer?!) le masse di schiavi, ecco, in quel momento si assume potere. O perlomeno è quello che ci viene trasmesso tramite ogni benedetto social. In sostanza ti fai vedere e ti sistemi ovunque, ti scegli un pubblico il più ampio possibile (es.: adolescenti allo sbaraglio), trovi un’immagine adatta a piacergli, lo martelli di quello che vuole sentirsi dire perché frustrato ed inadatto e questo ti renderà il suo eroe/eroina. E ti darà il potere di agire sulla sua vita modellandola sulla tua, che a ben vedere è la fotocopia portata all’estremo di altri milioni di esseri umani…
Perché prendere di mira il pubblico più insicuro e manovrabile è facilissimo, per quanto meschino possa essere. In effetti non c’è nulla di etico in questo, bensì c’è solo una cosa a governarlo come meccanismo perverso: il potere. E, nominando questa parola, vorrei dedicare al termine un minuto di silenzio per carpire da esso tutto ciò che può evocare da ieri a oggi e anche cosa potrà evocare se posto nella prospettiva di un domani. Del resto, il potere è da sempre e per sempre… Capirne il significato, quello sì che è vero potere!
Alla prossima.