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31 ottobre, a-mors, amore, assenza di morte, cambiamento, cicicità, discesa agli inferi, giorno dei Morti, Halloween, morte, rigenerazione, Samhain, svolta, unione
Buongiorno a tutti,
con la vicinanza delle imminenti festività del 31 ottobre e del primo Novembre, mi sento in dovere di spendere due parole per questi importanti momenti che fanno parte della cultura degli esseri umani. Del resto, in nessun altro momento dell’anno, se non durante la Pasqua ed il Natale, siamo così vicini al significato di Morte e Vita come nei giorni a venire…
Nelle antiche tradizioni celtiche la vicinanza più sacra con la Morte si ha la notte del 31 ottobre: è in questa data che il velo tra morti e vivi si solleva e il contatto tra i due mondi diviene possibile. Presso i celti il 31 ottobre si celebrava il Samhain, ovvero una sorta di capodanno che lasciava alle spalle l’anno trascorso, morto appunto, per fare spazio al nuovo. La morte, alla luce di questa tradizione, può parlarci di rigenerazione, cambiamento, svolta, ciclicità. Addirittura, da un punto di vista ancora più magico e profondo, il sollevarsi del velo che divide il mondo dei vivi da quello dei morti avrebbe permesso agli spiriti, durante questa commemorazione, di unirsi al mondo dei vivi azzerando temporaneamente le leggi spazio-temporali. Che dire?! Sembrerebbe una festività di tutto rispetto e di profondo senso per la vita di ciascun essere umano, se non fosse che poi, con l’influenza del Cristianesimo, la storia, questa storia, viene scombussolata e privata del significato più profondo che deteneva in origine: oggigiorno in effetti si cerca di badare bene a non confondere Halloween con la festa di Ognissanti. In realtà le due celebrazioni non sono che la stessa, poiché All Hallow’s Eve, altro non era che la vigila di tutti i santi, ovvero la festa della discesa negli inferi, nella Morte, appunto. Se però ci atteniamo alla tradizione e viviamo questo momento di passaggio con profondità e rispetto saremo pronti a coglierne le sfumature più recondite e preziose. Discendere negli inferi non significa solamente intraprendere un viaggio all’interno di noi stessi, ma anche di indagarne la ragione per la quale lo facciamo! C’è chi ogni giorno attua questa discesa agli inferi, alle parti più profonde di sé, ritornandosene con intuizioni e una crescita in funzione di una elaborazione di questo viaggio. C’è anche chi si perde in questi inferi, perché forse ascolta troppo la spessa voce dei Morti che soppianta quella dei vivi, in una confusione che risucchia coloro che non sono ancora entrati in possesso delle necessarie facoltà di discernimento… Esiste dunque un segreto che ci accompagna in questa discesa? E se si, quale?
Beh io credo che non ci siano segreti in grado di spiegarci la Morte e la Vita che ognuno esperisce. Posto il fatto che la Morte vera e propria non deve per forza coincidere con la morte in vita, che purtroppo attanaglia la maggior parte dei “sopravviventi”, essa va prima di tutto riconosciuta come tale, accettata, accolta, compresa in sé prima ancora di iniziare ad utilizzarla per la propria evoluzione. Del resto che ci fai con delle scoperte su di te che non sei in grado di accettare? Mettiamo il caso che scopri di avere una dipendenza, ti rendi conto che un’abitudine in realtà è molto più che un’abitudine, che non riesci a farne a meno e che al contempo ti danneggia e non ti porta nessun beneficio, anzi ti priva di qualcosa… Che fai? Arrivi ad odiarti per questo? Oppure fai come se nulla fosse, dormendo ed escludendoti dal riconoscere in essa una possibilità di crescita? Alcune scoperte di noi stessi, se non addirittura tutte, ci fanno entrare a pieno titolo nel mondo dei morti, nel mondo della Morte. Ed io, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono affascinata dalla morte, così tanto da considerarla lo scopo della vita: vivere per poi saper morire… Si, il fatto di saper morire credo sia in ultima analisi la chiave di volta che può fare la differenza tra essere materia ed essere anima… La Vita è funzionale alla Morte così come la Morte e il saper morire sono funzionali alla Vita stessa; ma non la vita intesa come sopravvivenza, bensì la vita vera e propria, non so se mi spiego… E voi cosa ne pensate?! La vita è funzionale al momento della morte in quanto quest’ultimo è il sunto del senso della vita vissuta. Per questo per me si rivela molto importante il processo del saper morire: perché in quel momento in cui esali l’ultimo respiro sopraggiunge il senso che hai dato alla tua vita. E se non lo riesci a trovare o trovi solo del vuoto, beh… auguri, perché ciò significa che forse hai indubbiamente vissuto invano!
Ad ogni modo, ritorniamo al principio che è la fine, ovvero alla Morte: cosa significa il concetto stesso, oltre ad identificare le parti sepolte in noi stessi e pertanto dimenticate?! A-mors, dal latino, poi tramutatosi in Amore, è la parola che più spesso troviamo al suo fianco. Per cui, se a-mors, significa “senza morte”, mors (morte) cosa significherà? Ma soprattutto perché l’amore è assenza di morte?! Dovremmo prima identificare cosa sia veramente la morte, perché a questo punto sembrerebbe quasi una qualità… Forse Amore, ovvero l’assenza di morte, ci parla di qualcosa che è in movimento, che è in divenire. Se ci approcciamo al concetto di Morte seguendo la stessa ottica potremmo allora parlare di Morte ogniqualvolta troviamo qualcosa che è stato, che è passato, che è statico, non elaborato e non rinato a miglior Vita… Chissà… Sta di fatto che Vita, col suo Amore, e Morte, col suo Rigore (il rigor mortis, indica appunto quello stato rigido di agghiacciante abbandono dell’anima che lascia il corpo pietrificato nella materia dalla quale proviene), sembrerebbero due funzioni contrapposte entrambe necessarie all’evoluzione. Già, ma necessarie in che senso?!
Beh innanzitutto occorre partire dalla Morte, la discesa. Essa può avere due significati in base alle azioni che decido di intraprendere tramite essa: o ne faccio un uso fine a se stesso, oppure la faccio diventare evolutiva. Nel primo caso, la discesa agli inferi sarà condita di paura, reticenza, non volontà di spingersi oltre, incompletezza. E, come dice Gurdjieff, un’ottava non completa si ripercuote su tutto il sistema in quanto poi riporta con sé altre ottave simili (in realtà si tratta della stessa che si ripete) che richiedono di venire “chiuse”. Qualcosa che non è completo, richiede prima o poi di venire completato. Il secondo modo di scendere agli inferi invece è quello che rende l’ottava completa, ovvero quello che ci consente di chiudere il cerchio di un compito o di un’esperienza, di elaborare qualcosa per poi passare al gradino successivo della grande esperienza di vita volta a rivelare il vero senso di tutta l’esistenza solo al momento della morte… Ed è questa modalità che a me interessa di più! La Morte dovrebbe essere foriera di grandi doni per la vita, invece oggigiorno mi tocca riscontrare che è diventata un tabù, un argomento che ogni volta che viene introdotto per sbaglio richiede il classico gesto scaramantico. Ma dove viviamo?! Nel Medioevo? No, perché anche allora gli uomini si mostravano più evoluti di quanto non lo siano ora… Quello che non riesco a spiegarmi è il perché del rifiuto della Morte?!
Del resto se assumiamo che la Morte è la controparte della Vita ed entrambe sono facce di una stessa medaglia, non è più logico pensare che se rifiuto una, rifiuto automaticamente anche l’altra?! E invece no… Vedo ogni giorno gente che crede di celebrare la vita al grido di “sesso, droga e rock ‘n roll”, mentre in realtà celebra una magra sopravvivenza che sopperisce in maniera materiale e grossolana ad una conoscenza ben più profonda e coraggiosa la quale pochi si sacrificano… Forse perché Vita e Morte sono state separate, mentre andrebbero unite… Forse perché se la Vita esiste per essere vissuta, anche la Morte esiste per un motivo preciso… Forse perché questo motivo si riscontra nel senso della vita stessa vissuta?! Con ciò voglio dire che magari sarebbe opportuno vivere in funzione del nostro ultimo respiro, per poter dare un senso a tutto ciò che fino a quel momento abbiamo fatto, e giungere a dare una risposta affermativa al quesito: è stata questa una vita degna di esser vissuta?
Ma ai nostri tempi è come se volutamente o meno fosse andato perduto un pezzo: quel pezzo che lega morte e vita le che le rende indispensabili l’una all’altra. Insomma, il mondo, per come mi si presenta oggi mi appare parecchio vigliacco… Evita di fare i conti con le profondità di una dimensione, la Morte, che in realtà è Vita stessa: la Vita eterna, ovvero quel 1 Novembre che si festeggia come Ognissanti. E cos’altro è Ognissanti se non la celebrazione dell’Anima, ovvero della Vita oltre la vita?!
Alla prossima!