Buongiorno, rieccomi con la seconda parte della serie di post riguardanti il tempo come energia. Nel precedente articolo di questa serie, dal sottotitolo “ladri di tempo“, presento innanzitutto cosa significa che il tempo è energia, e poi continuo parlando essenzialmente di situazioni che ci rubano tempo, e dunque energia. Avevo preso in esame il simpatico esempio di quando una persona manca ad un appuntamento, comunicandolo in ritardo alla persona con la quale si era impegnata ad incontrarsi. Da qui ho fato le dovute considerazioni, filtrandole attraverso la mia esperienza e presentando una delle possibili soluzioni che ho trovato valida per me stessa, ovvero il saper direzionare energia prorompente alla quale è stato sottratto il proprio sbocco naturale, altrove. E saper fare questo è un’arte che ci dota di innumerevoli possibilità!

Oggi voglio prendere in esame il caso in cui si temporeggia e quindi si procrastina quell’energia per svariati motivi (esempi di questi motivi? Ne abbiamo a go-go: ansia da prestazione, paura degli altri e/o del loro giudizio, paura di non essere all’altezza di chi si ha di fronte, paura di non raggiungere l’obiettivo alla perfezione, paura di sbagliare, etc.). Cosa significa temporeggiare? Temporeggiare, o prendere tempo, o procrastinare sono tutte espressioni che indicano l’attesa nel dare una risposta, nel prendere una decisione, nell’effettuare una determinata azione, nel fare qualcosa insomma. Prendere tempo e quindi attendere nel dare una risposta o nel fare qualcosa altro non è che dilazionare un’energia, non utilizzarla nel tempo che potrebbe esserle proprio perché non si ritiene il momento abbastanza maturo per poter dare ad essa lo sfogo che si ritiene appropriato. Attendere, aspettare il giusto momento… già è importante secondo me che ci sia questa componente del “fare le cose al momento giusto”, però spesso si cade preda dell’inerzia o dell’accidia e quindi l’attesa prende il sopravvento perché ad un certo punto ha iniziato ad acquisire una forza tutta sua, e ciò incide pesantemente sul soggetto che non riesce più a porsi a capo della propria decisione. In una parola: si lascia passare troppo tempo e il momento non è più opportuno.

Vi sarà capitato di sentirvi emotivamente carichi per un progetto, ma sentivate anche l’esigenza mentale di attendere per chiarirvi le idee e renderlo più concreto e fattibile… Ebbene, avete aspettato a presentarlo… ma nel frattempo ne sono sorti altri di migliori, di persone migliori che hanno preso il posto di quel progetto che avrebbe potuto cambiare la vostra vita! Che spreco! Che peccato! Ebbene, è giusto riconoscere che avete sbagliato scelta, o meglio avete sbagliato TEMPO! Credo che trovarsi nel tempo giusto per compiere le proprie scelte sia un po’ come andare a ritmo di musica: o senti la musica oppure potrai impararti a memoria tutti i passi, ma potrai pure scordarti i movimenti fluidi e armoniosi che accompagnano quella danza! Andare a ritmo di musica è ascoltare la musica e andare in sintonia con essa… Certo è che se una persona non sa ascoltare o fatìca a sentire, dovrà dotarsi di strumenti per superare le frustrazioni che è destinata a subìre a causa di questa sua mancanza. Un altro esempio che riguarda il temporeggiare lo possiamo palesemente e anche simpaticamente trovare nei prodotti che presentano una scadenza: ad esempio oggi non ho voglia di mangiarmi lo yogurt che ho comprato e vado avanti così per una settimana… Ad un certo punto non ricordo più di averlo acquistato e la forza dell’abitudine (a non volerlo mangiare) avrà il sopravvento facendomi dimenticare della sua presenza. A scadenza avvenuta, un giorno casualmente scopro  (magari dall’odore non proprio piacevole che proviene dal frigorifero) che è scaduto, e allora mi ricordo! Accidenti, che spreco! E così lo devo buttare perché non sono riuscita a consumarlo nel tempo previsto: non ho cioè rispettato il suo tempo di vita, e l’ho lasciato alla mercé della materia, che abbiamo già detto, ha la tendenza a degradare le cose.

Oltre a questi due esempi che possono riguardare prettamente il singolo e le proprie scelte, volevo sottoporvi un altro esempio di come il temporeggiare può avere conseguenze anche sui propri interlocutori. Conseguenze che talvolta possono rivelarsi positive, in quanto talvolta il temporeggiare contribuisce all’aumento di curiosità in chi ascolta creando un climax, un crescendo che rende la risposta degna della piena attenzione. A tal proposito mi viene in mente l’immagine dei bambini tutti intenti ad ascoltare una favola e in trepidante attesa del finale. La giusta dose di attesa sul finale crea un moto di stupore e piena attenzione nel verdetto finale, costituito dall’epilogo della storia. E questo secondo me è uno dei casi che considero positivo in quanto alimenta la fantasia sui possibili e probabili epiloghi che ciascun bambino ha pensato per quella storia. Viceversa, può capitare (e molto spesso) che il temporeggiare negli adulti porti a risultati tutt’altro che positivi e che si traducono in furti di energia e comunque su una cattiva influenza sui propri interlocutori. Talvolta questo temporeggiamento può sfociare nella classica delusione: ad esempio un venditore crede di aver concluso un affare dopo un prolungato temporeggiamento da parte del cliente. Infine, si reca dal cliente per terminare la procedura della compravendita, quando si sente dire un NO. Ecco che subentra la delusione, mista allo spreco di tempo che aveva impiegato per far andare a buon fine l’affare. Questo per parte del venditore. Ma il cliente perché ha agito così? Vediamo un possibile scenario: il cliente può essere una persona alla quale dispiace dire di no, oppure che è super impegnata per via dei propri impegni professionali. In entrambi i casi allora può decidere di rimandare più e più volte l’effettiva conclusione della compravendita, quando poi, messo alle strette dal venditore si sente pressato e la sua indecisione iniziale unita alla mancanza di chiarezza, sfocia in un inaspettato NO. Questo NO risulterà inaspettato talvolta anche per il cliente stesso! Tuttavia, se questi risulterà in possesso di una volontà di fare chiarezza e soprattutto di non mentire a sé stesso, vedrà chiaramente che egli quella merce proposta dal venditore non la voleva sin dall’inizio della proposta! Si, perché spesso la causa del nostro temporeggiare è anche la mancanza di chiarezza interiore, prima che tutta una serie di paure irrazionali.

Anzi, se vi dicessi che proprio la confusione interiore agevola e aumenta quelle paure?

Per concludere questo articolo volevo poi trattare del temporeggiamento, del far aspettare l’altro che alla lunga lo può far stancare, desistere, tanto da indurlo a perdere la pazienza. Sono casi simili a quello appena esposto ma che hanno anche una componente personale, mi spiego: se nel caso di un venditore e di un cliente si trattava di un rapporto di lavoro, ora vi parlerò di un rapporto affettivo. O meglio vi farò un esempio. Ci sono due amici dei quali uno dei due ha bisogno di denaro, ma non può ricorrere alla banca per la questione degli interessi e allora chiede all’amico di prestarglieli, pattuendo di restituirglieli non appena riuscirà. Entrambi sono d’accordo con questo accordo preso, o meglio accettano queste condizioni. E così colui che ha ricevuto la somma dall’amico riesce a restituire a questi la metà del denaro prestatogli. Tuttavia per l’altra metà fa aspettare l’amico: passa un anno, passano due anni… Passano cinque anni… Attesa, recriminazione, blanda speranza… E ancora attesa! Ecco i sentimenti che popolano l’interno di chi ha acconsentito a prestare quella somma di denaro. E più il tempo passa, più i sentimenti diventano pesanti, sino a rasentare l’esasperazione e la perdite delle staffe. E così si è persa anche un’amicizia!

Ed ecco che con quest’ultimo esempio vediamo come il temporeggiare troppo spesso assume i connotati del NON TROVARSI NEL GIUSTO TEMPO, AVER SBAGLIATO A METTERE LA SVEGLIA. Si, perché in tal caso al nostro interno qualche meccanismo si è inceppato, non risulta più in armonia col tempo là fuori, o col tempo delle dinamiche che noi stessi abbiamo messo in moto! Che fare? Beh in questo caso, dato che si tratta di meccanismi interni, mi sorge spontanea una risposta. Ovvero: perché non provare ad adempiere alle proprie promesse nei tempi esterni, in accordo con quelli interni? Forse a tal scopo dovremmo provare a ricalibrare i nostri orologi biologici e non, in base alle vere esigenze della nostra vita. A tal proposito: cosa era più importante per l’amico “prestatore” di denaro? L’amicizia, il denaro o il rispetto di una promessa? Evidentemente ciò che è successo in questo caso è stato questo: c’è stata una mancanza di rispetto nei confronti di quella promessa, e quindi il denaro è stato sottratto a colui che l’ha prestato dato che non gli è stato restituito. Di conseguenza l’amicizia è andata persa perché il rispetto iniziale di un accordo è venuto meno. In pratica questa persona ha collegato il rispetto personale al rispetto di una decisione/adempimento di una promessa. Ha collegato la scelta fatta dall’amico (che non gli ha restituito il denaro) come un’azione in cui l’attesa ha capovolto tutto, portando via con sé valori ed amicizia. Esser chiari sin dall’inizio è importante: ma soprattutto essere chiari in sé stessi è fondamentale! Cosa sarebbe accaduto se il prestatore di denaro avesse palesemente detto all’altro: “io baso le mie scelte anche affettive sulla coerenza della persona. Se non mantieni la parola data non ho più motivi per considerarti amico”?

Potete sbizzarrire la vostra fantasia in base a ciò che questo risuona in voi: l’importante è riflettere sulle risposte che nascono. E’ possibile dare una miriade di risposte e ci potremmo divertire a condividere le più originali. Il punto resta sempre il tempo, il quale svolge pur sempre il proprio nobile ruolo! Quando ha senso procrastinare, e quando no? Ma soprattutto: qual è il tempo giusto? Ovvero quel tempo che avrebbe permesso all’amico di non perdere un’amicizia e nemmeno il denaro?

Alla prossima!