Buongiorno a tutti!
In questo periodo dell’anno come non rendersi conto di quello che le ferie/vacanze sono diventate ai giorni nostri a paragone anche solo di qualche decennio fa? Come non riflettere su quello che è avvenuto alla qualità del rilassamento o al significato del viaggio? Come non realizzare che per la maggior parte delle persone le ferie o e vacanze rappresentano una stagione della vita? Come non capire che le vacanze sono ormai una tappa obbligata che nessuno più mette in discussione in merito al fatto di concedersele o meno, di averne bisogno o meno? Ebbene, oggi indagheremo questo aspetto sotto la luce di “spregevole caso”… Che forse proprio un caso non è!
Innanzitutto è doveroso da parte mia premettere che non sono a prescindere contro la concezione di ferie o di vacanze. Lo sono però nel momento in cui noto che ai giorni nostri sono diventate parte del fare le cose con l’inconsapevolezza generale alla quale il terricolo medio si sottopone senza farsi domande, senza pensare a delle risposte, ma semplicemente perché “così fan tutti”. Andare in ferie mi sembra infatti diventato parte della routine di questo mondo che è sottoposto al ciclo del famigerato produci-consuma-crepa (espressione che tanto mi piace e della quale occorre rendere merito a Salvatore Brizzi), ciclo che si è reso palesemente più pressante ed autoescludente in misura progressivamente maggiore nel corso degli ultimi decenni sino ad oggi, ma che è comunque stato sempre presente da quando le parole società di massa, economia, proprietà privata, profitto, consumi e denaro hanno iniziato a fare la loro comparsa. Già perché le vacanze/ferie, lungi dal sembrare un momento di rilassamento vero, di riflessione su di sé, di rientro in se stessi, sono a tutti gli effetti una gara a chi spende di più, a chi va nei luoghi più in oppure originali, il che quindi le fa rientrare a tutti gli effetti nella categoria del “consuma”. C’è chi addirittura, per non essere da meno rispetto ai propri amici, pur di andare in vacanza contrae debiti, mutui, etc. sempre spinto da quell’impulso a correre più degli altri o a stare al passo con il mondo estremamente condizionato di oggi, governatore di tutti i nostri bisogni indotti. Eh si, le vacanze sono proprio una bella pensata per assoggettare un bisogno al ruolo di contentino funzionale a far andare avanti il sistema degli schiavi di soldi (e di tutto ciò che con questi si può comprare!).
Durante la mia intera infanzia ricordo di essere stata al mare forse un paio d’estati in tutto con la mia famiglia: per vari motivi, da quelli personali a quelli economici, non ci potevamo permettere una vacanza all’anno tutti insieme. Allora per me era un evento eccezionale (e anche oggi a distanza di tempo lo è sempre, sebbene in misura minore) in cui compariva l’ansia da partenza e dell’ignoto, la bellezza del trovarmi in vacanza e di godermi la novità del luogo e delle persone, il rilassamento in compagnia della mia famiglia, il fatto di trovarmi in un clima di divertimento e spensieratezza. Era, quel che si dice, lo stupore della novità, l’assaporare un momento magico perché raro e del fatto che quel momento in tutta la sua magia è ricco/pieno. Salvo il fatto che poi, ritornando alla routine della scuola e con i miei compagni condizionati che raccontavano delle loro prodezze terricole mi sentivo “povera” perché mi paragonavo a loro che, ovviamente avevano a disposizione possibilità diverse dalle mie, e che quindi vantavano di essere stati più volte all’estero, oppure in luoghi di mare o montagna dai loro parenti, ma comunque sempre in viaggio. Ecco qui le prime avvisaglie di trappola per la coscienza! Sta di fatto che crescendo, e mano a mano che la consapevolezza e le influenze sono cambiate, ecco a ritrovarmi oggi con un’idea un po’ diversa in merito alle ferie: di sicuro un po’ più cinica e disillusa, ma non di certo priva di speranza! I tempi sono cambiati, le abitudini con essi, e l’educazione alla quale questo mondo ci sottopone devo riconoscere che ha fatto (e sta facendo) inevitabilmente il suo corso. Ora tutto è diventato scontato e di magia ne è rimasta ben poca… E anche quella poca rimasta fatica a resistere proprio per i condizionamenti diffusisi a macchia d’olio.
E così, da qualche decennio a questa parte, ogni volta che ricompare l’estate mi trovo a mettermi le mani negli ormai pochi capelli rimasti (forse per questo me ne sono rimasti pochi?) alla fatidica domanda “Dove vai in vacanza?”. Chi mi conosce di persona non me lo domanda più perché SA… Sa come la penso, sa cosa attribuisco a questa frase. Ma chi, per un fortuito caso si trova a pormela non sa a cosa va incontro. Nella maggior parte dei casi, per quanto cerchi di mantenere un contegno per salvare la comunicazione, non riesco a non lasciar passare un giudizio del tipo “e anche questo è andato ad ingrassare le file del produci-consuma-crepa…”. E’ più forte di me! Come si fa a pensare alle vacanze/ferie, a convincersi di essere senza pensieri quando in realtà magari proprio in vacanza escono i problemi che si era tentato di seppellire e dimenticare?! Come si fa a voler fuggire dalla quotidianità con la quale non ci si vuole relazionare procedendo alla dilazione del problema finché si giunge in punto di morte (e lì beh allora non c’è niente da fare…)? Come si fa oggi, nel 2017, dopo anni, millenni di schiavitù, millenni di torture fatte all’Uomo, a sottoporsi con gioia al meccanismo del produci-consuma-crepa? Come è possibile che l’essere umano di oggi non abbia conservato nulla di Umano (e con esso proprio quella magia dello stupore di cui vi parlavo), ma abbia assorbito quasi tutto quello che di materiale poteva? Come è possibile che gli individui di oggi siano molto più stupidi di un tempo quanto a conoscere il proprio sentire, a contattare le proprie emozioni e la propria interiorità? Come è possibile pensare oggi alle vacanze, quando tutta la Vita dovrebbe essere una vacanza, perlomeno nell’atteggiamento interiore verso la stessa?
Queste sono le domande che mi pongo ogni volta che mi viene rivolta quella domanda sulle ferie. E questi sono i miei pensieri che si trasmettono inevitabilmente agli altri, che vengano o meno verbalizzati. Del resto perché esprimere verbalmente ciò che si sente, se l’altro non è nemmeno in grado di intercettare il tuo sentire (oppure non è in grado di volerlo intercettare, il che è ancora peggio)?
E già mi immagino le spiagge e i luoghi turistici pieni di terricoli allo sbaraglio che sgomitano per il bisogno di gratificare i sensi, in tutti i sensi… Mi figuro il turista che vuole provare il piatto tipico per il gusto di rimpinzarsi quella pancia che rischia di scoppiare come una bomba a orologeria, oppure la modella che passa per i locali più fashion mendicando l’attenzione del talent scout di turno o la considerazione dei ragazzi ritenuti più belli… Oppure la lucertola da spiaggia, perché, si sa, ormai l’abbronzatura è uno status symbol e le gare a chi ne ha i più servono a mettere in rilievo proprio chi è più meritevole di questa bella società! Ma aspettate… All’orizzonte della mia immaginazione, meno fervida di quanto pensiate, riesco a scorgere ancora la turista spocchiosa e viziata che rimanda indietro al cameriere tutti i piatti perché non le piacciono, fa i capricci perché vorrebbe il vino migliore che il suo palato conosca e che ahimè non riesce a soddisfare la sua insaziabile voglia di sottomettere gli altri se non sminuendoli… Ma si sa, in vacanza tutto è possibile! In vacanza ci si sente più liberi di non pensare, non ragionare, di divertirsi come se non ci fosse un domani, di vivere l’attimo senza responsabilità, di trattare gli altri come delle merde, tanto poi chi li rivede più?!
Ma non credete che forse sia proprio questa benedetta responsabilità a dividere l’umanità in due tronconi? Non passa nemmeno per caso a nessuno per l’anticamera del cervello che essere responsabili sia la missione dell’Uomo? Eh, che argomenti vi tocca sorbirvi oggi, del resto siete in vacanza e non dovrei rompervi le scatole con questi discorsi pesanti, giusto? Il punto è che questa pesantezza che forse vi sembra di percepire è in realtà consistenza. Ovvio che se veniamo educati alla superficialità la più minima consistenza viene interiorizzata come pesantezza!
Sta di fatto che vivere nell’inconsapevolezza è esattamente sinonimo ed equivalente del gettare al vento la propria energia, del gettare al vento se stessi e la propria vita. L’inconsapevolezza, a seguito dell’educazione che abbiamo ricevuto dalla società aprioristicamente, è diventata sinonimo nell’intimo di rilassarsi, potersi concedere tutto senza rimorsi e senza pensieri (pertanto senza una coscienza di base alla quale fare riferimento), a cuor leggero quasi come se non si fosse nemmeno in possesso di una coscienza. E così ci si dimentica di avere una coscienza. Ci si dimentica che, in parte, si E’ quella coscienza… E non credete che forse la magia dell’Uomo risieda proprio in questa coscienza, parte invisibile eppure sostanza dei suoi giorni?!
Che altro dire? Oggi, guardando alla gente là fuori mi sembra che tutte quelle caratteristiche che la società cerca di potenziare siano proprio il contrario di quelle espresse da un vero essere umano. E le vacanze fanno parte di questo meccanismo: le vacanze sono ormai una stagione nella vita degli individui, si sono insinuate talmente in profondità nel suo modo di essere che non ci si chiede nemmeno più se di esse si abbia veramente bisogno oppure se ne possa fare anche a meno! Le ferie/vacanze sono diventate la normalità: la normalità del sistema sistematizzato che ha reso ogni stagione, anche quella della vita, come scontata, inevitabile, obbligatoria ed imperativa, e per questo accettata come parte esistente, ma che mai nessuno più mette in discussione. Perché il come fare le cose è passato in secondo piano rispetto al fare le cose indiscriminatamente. Eppure è il discrimine a fare la differenza, la quale con questo appiattimento culturale ed umano oggi in piena realizzazione non può venire vista figuriamoci se può essere percepita! Eppure io credo che se ognuno di noi guarda a se stesso nudo, senza veli che lo coprano, senza veli rappresentati da ruoli, convinzioni, illusioni, ma semplicemente si guarda con semplicità, osserva il proprio non essere di nessuno eppur esser tutto, credo che qualcosa cambi.
Perché è possibile andare in vacanza in maniera consapevole: e magari non è nemmeno necessario spostarsi dal divano di casa. Perché? Perché forse è solo necessario un cambiamento interiore, di stato. Perché quello che fa la differenza è “come stai dentro”. Se vivi nell’irresponsabilità in vacanza su un’isola deserta nella convinzione che ciò che fai non avrà conseguenze, ti sbagli di grosso. L’essere umano è responsabile non solo delle proprie azioni, ma anche dei propri pensieri che contribuiscono a formare la sua realtà! E se qualcuno oggi (a dire la verità la maggior parte degli esseri umani) è stato educato all’irresponsabilità di pensieri e azioni, o si è sottoposto ad essa senza porsi domande, beh ha rinunciato a quella parte in grado di renderlo Umano per davvero. Perché una qualità o la si possiede (e quindi la si manifesta, perché la si vive e si incarna), oppure non la si possiede. Non ce ne sono di storie…
E tu, cosa sei? Cosa decidi di essere proprio in questo momento? Stai decidendo di guardarti dentro e scoprire ciò che ti rende unico o stai decidendo di darti in pasto all’effimera e fallace sicurezza del suicidio di massa?!
Riflettiamo, per favore. Alla prossima!